Qualcuno potrà pensare: ma nemmeno quando è il paziente a rifiutare il ricovero, il medico è esente da responsabilità? Ebbene sì! Non sempre, ovviamente. Anzi, quasi mai (perché i medici, nella stragrande maggioranza dei casi, sono ottimi professionisti), ma a volte sì. Quando un paziente rifiuta il ricovero ospedaliero e nelle ore o giorni successivi subisce un peggioramento delle sue condizioni, la responsabilità dei medici potrebbe non essere immediatamente esclusa. La questione centrale è se il paziente ha rifiutato il ricovero sulla base di una corretta informazione riguardo al proprio stato di salute e ai rischi connessi al rifiuto o meno. Questo aspetto è stato evidenziato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza 21362 del 30 luglio 2024.
Nel caso specifico, una paziente che si era recata al pronto soccorso non aveva ricevuto una diagnosi corretta di ischemia cerebrale. La diagnosi corretta è stata poi formulata tardivamente in un altro ospedale. Nonostante l’errore diagnostico iniziale, la Corte d’Appello aveva ridotto del 50% il risarcimento ai familiari della paziente, considerando che il rifiuto del ricovero da parte della paziente stessa avesse contribuito significativamente al decesso.
L’importanza dell’informazione corretta
La Cassazione ha però censurato questa valutazione, sottolineando che il rifiuto del ricovero non può di per sé escludere la responsabilità dei medici. È essenziale, infatti, verificare se il rifiuto è avvenuto sulla base di un’informazione completa e comprensibile da parte del personale sanitario. Secondo la legge 219/2017, ogni paziente ha il diritto di essere informato in modo adeguato su diagnosi, prognosi, rischi e benefici dei trattamenti proposti, nonché sulle conseguenze di un eventuale rifiuto del trattamento o accertamento diagnostico.
Solo se correttamente informato, il paziente può decidere liberamente se accettare o rifiutare un trattamento, assumendosi i rischi correlati. In tal caso, il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa e, se lo fa, è esente da responsabilità civile o penale.
La relazione tra medico e paziente
In questo contesto, emerge chiaramente quanto sia cruciale la comunicazione tra medico e paziente. La legge riconosce che il tempo dedicato alla comunicazione costituisce tempo di cura. Tuttavia, ciò che riveste un’importanza ancora maggiore è la qualità della comunicazione. Una comunicazione chiara, empatica e trasparente non solo rispetta il diritto del paziente a essere informato, ma rafforza anche il legame terapeutico tra medico e paziente, contribuendo a gestire meglio le eventuali criticità del percorso di cura.
In conclusione, per i medici è fondamentale assicurarsi che i pazienti siano sempre adeguatamente informati prima di prendere decisioni cruciali, come il rifiuto di un ricovero. Questo non solo tutela il paziente, ma anche il medico, garantendo che ogni decisione sia presa nel pieno rispetto dei diritti e delle responsabilità di entrambe le parti.
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Avv. Igino Cappelli