Chiariamo subito una cosa: senza il consenso del proprietario del fondo o un provvedimento amministrativo, la cortina di pali o il palo che fanno da sostegno ai cavi telefonici costituiscono un fatto illecito ogni qual volta consentono alla Telecom (ora Fibercop) di portare la linea anche verso altre abitazioni.
Se nel fondo non ci sono abitazioni, è sempre un illecito.
Cosa significa?
Significa che il proprietario del fondo (o chi ne ha una detenzione qualificata, come ad esempio l’affittuario) può:
a) chiedere il risarcimento del danno per l’occupazione illegittima del fondo fino a quel momento. In questo caso si tratta di illecito permanente (te lo spiego nelle mie newsletter che cos’è un illecito permanente e di come volgere a tuo favore questa situazione);
e/o
b) chiedere la rimozione e/o spostamento a carico della Telecom (che invece pretende sempre di essere pagata per questo genere di cose, vero?).
C’è anche un altro caso in cui è possibile ottenere il risarcimento, ossia quando i cavi sono attaccati alla parete di un edificio sulla quale sono presenti aperture.
L’importo del risarcimento viene stabilito in via equitativa dal giudice, perchè è difficile calcolarlo con esattezza. Per la mia esperienza, posso affermare che esso varia dai 200 ai 1.000 euro per ogni palo, a seconda del reale danno che si verifica. A dire il vero, in via stragiudiziale la Fibercop propone anche altre soluzioni economiche, ma questi sono contenuti riservati solo agli iscritti alla mia newsletter (il servizio è completamente gratuito!)
La condizione necessaria per ottenere questo risarcimento è, come ha stabilito recentemente la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che la presenza della linea comporti un sacrificio economicamente apprezzabile; ad esempio, si pensi al cavo che interseca i rami di un albero e il proprietario del fondo è costretto a una più frequente sfrondatura e potatura degli stessi rispetto al solito, con aggravio di costi a suo carico.
In questi casi, ha precisato sempre il Supremo Collegio, che non si tratta di servitù telefonica di passaggio con appoggi, ma di diritto reale d’uso rientrante tra i pesi di diritto pubblico di natura reale gravante sui beni.
Altre due cose interessanti:
- in virtù dell’art. 1102 c.c., il singolo comproprietario è legittimato ad esercitare le azioni a difesa della cosa comune, sia nei confronti dei terzi che di ogni altro partecipante alla comunione. In pratica, se più persone condividono la proprietà di un fondo, non è necessario che agiscano in giudizio tutte insieme per ottenere il risarcimento, ma basta una di esse, che poi dividerà con le altre.
- ai fini della legittimazione attiva, non è necessario provare l’esistenza del titolo giuridico della proprietà, bastando la prova del danno, in quanto l’ingiustizia di questo non è necessariamente connessa alla proprietà del bene danneggiato, né all’esistenza di un diritto comune tutelato erga omnes, potendo i diritti sul medesimo, ben derivare da un’ampia serie di rapporti con altri soggetti (cfr. Cass. Civ. sez. III n. 12215/03; sez. II n. 5485/93; sez. I n. 6103/81). In altri termini, può fare causa anche chi ha solo il possesso del bene e non la proprietà (anche della differenza tra proprietà e possesso ne parlo nei miei contenuti riservati agli iscritti della mia newsletter).
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Avv. Igino Cappelli